giovedì 21 gennaio 2016

Philip K. Dick

Il libraio mi aveva messo in guardia su Philip K. Dick: bisogna conoscerne la biografia prima di leggere i suoi romanzi. Io sapevo quel poco ricavato dagli adattamenti cinematografici e dai soliti svogliati spiluccamenti su Wikipedia (droghe, allucinazioni, mogli, vagabondaggio), ma non è bastato per fornirgli attenuanti. "Radio libera Albemuth", nella fattispecie, è risultato di una bruttezza stupefacente. Sciatto e incentrato su noiosi complotti planetari e totalitarismo paranoico, scritto in prima persona nella cronica autoreferenzialità statunitense, scandito da esclamazioni, interiezioni, sconfina di continuo nella spacconata e nella mania di persecuzione. Ho voluto sondare dopo essere incappato in "Minority Report" di Spielberg, talmente orrendo da indurre a un'indagine sul maestro della fantascienza. Con fatica sono arrivato a pagina 122, estenuato anche dai refusi dell'edizione celebrativa Fanucci ("Speciale Philip K. Dick 1982-2012" a soli euro 6,90).

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