venerdì 30 maggio 2014

SHAME

La pellicola, elegantissima, trapassa il corpo opaco della pornografia, ritorna di continuo allo scempio di una completa distruzione affettiva; il volto nobile di Fassbender pare stagliarsi su un riverbero di luce ghiacciata. E' una deriva moderna di sessualità disperata e vorace che anela solo all'oblio (la storia delle dipendenze non è che questo subdolo soccorso della dimenticanza di sé: non pensare più). Qui si naufraga in un assillante carnaio di incontri, in uno sprofondamento masturbatorio che riempie il nulla quotidiano di orgasmi a ripetizione. La materia è pericolosa, ma il regista (che ha un nome ingombrante: Steve McQuenn) la affronta al di sopra di qualsiasi moralismo, con un tocco maschile finissimo, coraggioso, partecipe. Gli si perdonano volentieri alcune (poche) goffaggini, ineluttabili quando si rappresenta il coito: non c'è mai compiacimento, e i colpi vanno tutti a vuoto senza gusto né ammiccamenti. Più che erotizzati, ci si ritrova sgomenti, perfino commossi. La colonna sonora, poi, per una volta si eleva dalla melliflua sottolineatura, è una specie di drammatico ammonimento che tiene fisso lo sguardo di tutti su queste macerie di cuore impastate nello sperma.

mercoledì 28 maggio 2014

I PIACERI DELLA SCONFITTA

Gli italiani: dopo vent'anni d'improperi contro lo status quo e sanguinarie aspirazioni a farsi giustizieri, chi più di Grillo avrebbe potuto rappresentarli? E invece hanno guardato al suo Movimento con diffidenza, si sono a poco a poco abbandonati a una larvata ostilità che riversava nel loro portavoce il rancore accumulato. Si rallegrano, adesso, di una sconfitta che abbatte ogni contestazione al Sistema, e che di fatto lo celebra. E' opinione diffusa che siano bastati 80 euro per placare una rivolta mai scoppiata. Ma c'è di più: ci si identifica col Potere, e lo si difende a spada tratta, anche quando non lo si detiene. Per questo, al di là dei contenuti politici, l'Italia resta una Paese senza coraggio, né futuro.

giovedì 22 maggio 2014

Il labirinto

La schiavitù di cui parla Bataille col suo Labirinto è l’uomo ridotto a funzione, subordinato a una carriera elettiva che costituisca il suo Essere. Il fondamento ontologico coincide nella ragione sociale e l’investimento su se stessi è un conferimento al Tutto dell’Utile. In modo analogo a quanto fanno milioni di formiche rispetto all’industria formicaio. Partecipare a questo Intero significa in primis polarizzarsi nella specialità calandosi in una parte. Nietzsche aveva già piantato, per ammainarlo, il vessillo dell’Es sulla luna della Civilizzazione (un tetro allunaggio nell’ordine hegeliano, di Stato). Diventare cittadini equivale a limitarsi in quanto uomini, e Bataille stesso parla d’una svirilizzazione, laddove gli istinti di natura (compreso il Male) vengono sacrificati all’altare della moralità socratica (il Bene). L’istruttoria porta quindi in Grecia e al filosofo dell’oralità, che non vergò mai un’opera senza che quell’astenersi bastasse, vanificato dalla vulgata platonica, a dimenticare i suoi insegnamenti. Bataille è nietzscheano, certo, ma ben al di là dell’epigonismo. Riporta all’interno dell’Io, in una sorta di interiorizzazione dell’angoscia, i moti esterni dell’esser senza centro, senza patria, senza senso: senza Io, insomma, né Dio. Questo lutto è elaborato col mezzo erotico: laddove la sessualità è il campo di battaglia dell’angoscia, e l’amore una speranza d’integrità in cui riverbera il mito, l’arcaicità dell’incandescenza. Perciò si configura questo Eros che macera nei suoi angosciosi avvitamenti, e che poi scoppia in teatri di crudeltà, d’insulti amorosi e sputi, di riscatto e vendetta, d’impulso che strappa ogni remora e ritorna all’Intero – la gioia d’azzannarsi, l’ebbrezza di distruggersi.

mercoledì 14 maggio 2014

Il letto disfatto

Di Sagan, già letta nel suo celebre esordio. Mi appaga, sebbene la finezza percettiva non vada di pari passo con la scrittura. Ci sono idee, ma anche quell'astuzia che ne sa offrire parvenza. Certi passaggi risultano così scoraggianti da essere imputabili alla traduzione. Leggere autori stranieri significa dover concedere attenuanti. Forse anche per questo preferisco gli italiani.