lunedì 8 febbraio 2016

Melancholia

Messaggio: depressione come percezione del Nulla "cosmico", conto alla rovescia verso l'apocalisse. Scena: contesto ultraborghese, colto e milionario, là dove appare ineluttabile essere felici perché non manca niente, nemmeno l'Amore (il suo simulacro). Si comincia, infatti, dalla rappresentazione del sentimento: uno sfarzoso matrimonio che riconcili con l'armonia delle stelle. Ma non funziona. Ritardi, discorsi vacui, i soliti anticonformisti che provocano imbarazzo, il wedding planner che va in crisi; e la sposa che arranca. Sparisce di continuo per riposarsi dalla pantomima generale, si ritira per un bagno caldo; poi riappare con un sorriso da condannata al taglio della torta. Tutto è macchinoso, pesante, forzato. La sorella e il cognato alludono a un patto, vogliono inchiodarla all'imperativo categorico della felicità - lei, sopraffatta dai doni, snervata dalla responsabilità, non riesce più a dissimulare. Torna in camera, dove respinge il marito (che le ha regalato una tenuta); quindi si defila con un giovane invitato e ha con questi, sul prato, un rapporto sessuale. Col procedere della notte il ricevimento si dissolve, all'alba il gioco delle nozze è finito: gli sposi si arrendono all'inutilità di ogni tentativo. Si separano, mentre il pianeta Melancholia si avvicina alla Terra, e annuncia la grandiosa metafora dell'annientamento. I giorni seguenti sono dominati dall'attesa: per alcuni scienziati sarà collisione, per altri una sorta di carezza stratosferica. Si alterna il telescopio a un cerchio di fil di ferro in cui osservare la danza della morte. Opera formidabile per potenza visiva e poetica, nonostante Wagner e il preludio al rallentatore apprezzatissimo dai critici (goffo spoiler d'autore).

martedì 2 febbraio 2016

La vie en rose

Un po' deludente, pittoresco (la Francia degli artisti alcolizzati che si ama a Hollywood). Montaggio saltabeccante, flashback con didascalie solenni ("Parigi 1935", etc.). La Cotillard brava: goffa, deturpata, un po' scimmiesca. L'Oscar una diretta conseguenza dell'abbrutimento. Comunque, si apprezza di più in altri contesti.

La bionda bestia

Qualcuno sosteneva ci fosse del marcio in Danimarca, eppure su Real Time una giovane donna racconta di esser andata lì a farsi inseminare. E' una bruna con frangetta a raso sugli occhi (la fronte ridotta a ipotesi), e ora si gode un figlio di sei anni che assomiglia a Helmut Berger, tutto boccoli platino e occhi azzurri. Lei è single e serena: il donatore, spiega con inflessione romanesca, era "aperto", così il ragazzino, al compimento della maggiore età, potrà anche conoscerlo (e, magari, imparare il danese). Al momento cresce sereno senza papà. Di cosa stupirsi? Dispone comunque di una bella famiglia allargata, con diversi amici che danno una mano e una coppia di nonni iperattivi: la madre della donna è ancora piacente, ha un nuovo compagno ben integrato nel contesto; il padre invece risulta un po' solo e distrutto, forse paga una storica difficoltà a manifestare i propri sentimenti (ex burbero, all'antica), in ogni caso da quando c'è il nipote non pensa più di buttarsi dalla finestra. Sono tutti sereni, anzi felici. Si riuniscono a pranzo come in un film di Woody Allen ambientato a Trastevere. Osservano la chioma del piccolo Helmut dalla mattina alla sera; quando dorme mettono il video in cui muove i primi passi (immortalati con una certa dose di fortuna). La puntata verte su un'imminente uscita in bicicletta: la giovane donna ha intenzione di togliere le rotelle di supporto, e si interroga sull'esito dell'esperimento. Riuscirà la gioia di casa a tenersi in equilibrio sulle due ruote? Non può fallire davanti agli affezionati del canale 31 - prima del digitale terrestre, bisogna riconoscerlo, non c'erano queste grandi motivazioni a imparare qualcosa.