venerdì 20 novembre 2015

Appuntamenti

Da quando ho lo smartphone accedo a Facebook con quotidiana regolarità, soprattutto al mattino. Sono un orologio.

giovedì 19 novembre 2015

Lowen

Invece, no. Dopo l'avvio interessantissimo sull'eziologia delle nevrosi, il libro si è perso in una configurazione della sessualità cosmica, con digressioni sull'innatismo tecnico dell'individuo "sano" e coiti spinti, in pratica, dall'afflato divino. La prudenza dell'autore non basta a salvarlo dal sospetto che dietro lo psicanalista si nasconda una specie di prete della Natura. Procedo con vaga nausea - un po' rassegnato allo sfacelo teorico a cui si va incontro nei testi che abusano della parola "cosmo". Ho sottovalutato i riferimenti sulla bioenergia letti su Wikipedia? Sì. Ritengo che l'uomo non potrà mai liberarsi di una certa angoscia, in qualità di individuo consapevole della propria mortalità. Un palliativo è la religione - compresa quella bioenergetica. Io non vedo molto di più. Ma, si capisce, sono un nevrotico, un soggetto "sensuale sofisticato", un "freddo" tutto concentrato sulla genitalità.

martedì 17 novembre 2015

Amore e orgasmo

Continuo la lettura, notevolissima, di "Amore e orgasmo" di Alexander Lowen: vi ho trovato la formulazione teorica di molti aspetti della sessualità che avevo descritto nei miei romanzi.

12 anni schiavo

In una certa misura (pur messo sul chi va là dalla caterva di premi), mi ha deluso. E' il tipico drammone con psicotici sparsi (Fassbender però eccelle) e martiri da monumento. Non indispone, ma non aggiunge né toglie. Di Mc Quenn avevo ammirato "Shame", a mio aviso più audace e complesso anche su un piano formale. Al di là dei tragici contenuti storici, lo schiavismo è un tema "comodo", tanto più se si percorrono strade narrativo-psicologiche già battute. In questo film accade; anzi, direi che vederlo è stato una specie di deja-vu lungo 139 minuti. L'immedesimazione nella vittima, ormai, è un binario morto - comunque redditizio. Non a caso si continuano a girarae film sull'Olocausto. Il pubblico ha un gusto dell'ecatombe un po' astratto. Sarebbe interessante organizzare delle deportazioni fuori dai cinema.

venerdì 6 novembre 2015

Il cigno nero

Non mi è dispiaciuto, nonostante gli effetti speciali inadeguati. Rappresentare la distorsione allucinatoria di una crisi schizofrenica era, sì, difficile, ma il collo di Mila Kunis che si allunga (modello Tiramolla) sconfina nel grottesco. Non dubito che si potessero evitare simili goffaggini - insomma, strangolarla senza farci ridere. L'insieme, comunque, fila. La Portman sottopeso, debilitata Nina Regina dei Cigni, è "perfetta"; dà sfumature da anima bella alla sua ballerina coi piedi martoriati dallo stare in punta. La maniacalità degli esercizi, l'ossessione tecnica, quel delirio tipicamente russo, da Teatro Bolshoi (un posto dove, in effetti, non mancano gli assassini), è ben trapiantato a New York, con un direttore artistico (Vincent Cassel) che per tirare fuori il cigno nero dalla purezza bianca (e frigida) di Nina, la invita a masturbarsi. Il passaggio intermedio, infatti, è il rosso della carnalità. Una specie di preliminare che innesca manie di possesso, gelosia e, finalmente, paranoia. La rivalità con la disinibita Kunis (il sesso a base di alcol e pasticche) è strumentale per la scoperta di un mondo più sanguigno, in cui le astrazioni figurate del balletto precipitano negli istinti di una coreografia da improvvisare al momento. Il dualismo è visto in termini di proiezione narcisista: l'odio per la Kunis è odio per se stessa e, al contempo, amore, desiderio di aversi. Il climax, non a caso, è anticipato da una scena lesbica (immaginaria) fra le due ragazze. Su tutto il palcoscenico del disturbo psichiatrico c'è lo spettro della madre di Nina, aspirante pittrice che scarabocchia mostruosi ritratti della figlia. Una madre sorvegliante squilibrata, che assilla e coccola in un subissamento di apprensioni e pupazzetti rosa. Il rifiuto di questa dimensione infantile soffocata dai peluches è ben rappresentato quando Nina li getta in massa nella spazzatura - un caso esemplare di lucida follia che la conduce alla Prima in uno stato "pericolante". Va in scena lo stesso e si vive, in parallelo, il suo Lago dei cigni con terribili allucinazioni, soprattutto in camerino, dove ha nascosto il cadavere (immaginario) della Kunis. In realtà, il pezzo di specchio è conficcato nel suo ventre. Ma lei balla e vola lo stesso, perfetta, in una radicale identità col ruolo. Qui il film decodifica a un livello commerciale-divulgativo un principio artistico di base: il vero artista non recita, è.

martedì 3 novembre 2015

Io che amo solo te

Ieri rentrèe al cinema all’insegna della Puglia alla moda, con Polignano a picco, divi più o meno autoctoni, maestrale, grotte e ulivi millenari (mancano un po’ di trulli, in verità, e i Negramaro). Il film è una soap romantica ben lanciata con la storia del ballo a mo’ di Gattopardo. È così brutto che anche un interprete onesto come Placido a tratti si abbandona a smorfie crucciate – di pentimento, forse, per avere accettato la parte.