martedì 26 gennaio 2016

La corrispondenza

Non è l'opera perfetta; la prolissità dei sentimenti è nel carattere cinematografico di Tornatore. Di fatto, però, un intero complesso di emozioni si attiva in modo prodigioso - non per una battuta, un gesto o una sequenza: c'è un'assenza tremenda in cui si cerca l'amato, e ne conseguono lunghe atmosfere, una traghettata verso l'al di là, il camino acceso nella casa di Borgoventoso, il computer che va a singhiozzo, un sms, un video - periodi sbalorditivi, di occhi (lucidi) che bramano una traccia, un sospetto, o un appiglio fra oggetti nudi, svuotati. Lo spettatore è con Amy in attesa che Ed si manifesti. Non si desidera l'inerzia dei ricordi, ma risposte, interazioni che aggiungano qualcosa alla loro storia. Come la luce che punteggia la notte proviene da una stella morta, ogni amore tenta di attraversare questo spazio-tempo in cerca di vita, che non basta mai. Perciò "La corrispondenza" è eccessivo, e si fa perdonare (è disperato). Anche in poesia, certe parole risultano essere di troppo. Ma un afflato misterioso le cancella, lascia che solo il senso resti, averbale, fisico, tutt'intorno allo sterno. Il riposo degli amanti è silenzio; un cielo stellato il loro sogno reciproco; pur senza dirsi addio non smettono mai d'allontanarsi, di affievolirsi verso l'Eterno.

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