mercoledì 11 maggio 2016

IL DESERTO ROSSO di Michelangelo Antonioni

Infine, il disagio intacca il matrimonio, e lo corrode; perfino la maternità si inceppa, giacché la natura stessa, incalzata dall'industria (simbolo primario del Capitalismo), sembra avviarsi a una sconfitta epocale e irrimediabile - una sorta di collasso tra fumanti ciminiere e sversamenti in mare. Giuliana (Monica Vitti), moglie di un manager con la erre moscia, vive nei pressi di un gigantesco impianto: finestre sui piazzali con gli operai in sciopero; sui gasdotti, sui maleodoranti pantani di un disastro ambientale già compiuto; finestre sulle petroliere che arrivano e che ripartono. Tutto, in questa crisi esistenziale, è sguardo, contemplazione sfocata di una realtà opprimente. Mai una gioia, nemmeno per suo figlio, che viene su attorniato da balocchi tecnologici, robot, giroscopi, vetrini e sostanze coloranti da piccolo chimico. Giuliana, per inciso, ha già tentato il suicidio; ma suo marito, dopo averla presentata all'amico Corrado Zeller (Richard Harris), riferisce di un incidente stradale e di un trauma che, tuttora, impedisce alla donna di "ingranare". Questo linguaggio meccanico, unito al perenne compiacimento da alto dirigente pieno di soldi, incurante di qualsiasi elemento extra-aziendale, è sintomo di un'impotenza sentimentale assoluta, e di una vita di coppia morta e sepolta negli acquitrini industriali di Ravenna. Zeller, al contrario, sembra incarnare il borghese illuminato, in grado di filosofare su un'identità politica connessa alla moralità (avere la coscienza in pace); in fondo, però, è inquieto anche lui, e in perenne fuga dai luoghi in cui potrebbe mettere radici: non a caso, sta reclutando operai per un progetto in Patagonia, il suo ennesimo viaggio solo-andata. La completa mancanza di senso di una modernità pianificata in ogni dettaglio, nei ritmi serrati della produzione, negli spazi ottimizzati che fruttano scarnificando il paesaggio, si manifesta nell'astruso progetto di Giuliana: aprire un negozio senza nemmeno sapere cosa vendere. Comincia da un locale, dalla scelta della pittura per le pareti. Il primo incontro con Zeller avviene fra test di colore, strisce sull'intonaco nudo, in una stanza per il resto disadorna. E', sì, un inizio - ma di che cosa? Quando escono in strada, in un quartiere spopolato e monocromo, il vento spinge ai loro piedi un foglio di giornale. Giuliana si stupisce, perché "è di oggi". L'intercambiabilità dei giorni, dei momenti, persino degli amori, sbiadisce il mondo. L'attrazione fra i due segue una legge di complementarietà: lei guarda e non capisce, avverte un totale rifiuto (per il brutto che dilaga, per i rumori assordanti della fabbrica, per gli amici che frequenta suo marito), e prova a esprimersi, anche per mezzo della nevrosi; lui ascolta e sembra capire, tenta di elaborare i mutamenti e gli eccessi della realtà, deciso a integrarli in un quadro più umano. Spesso si ritrovano a passeggiare in uno scenario dominato dall'inquinamento: paludi, idroscali, spoglie distese, filari di enormi antenne a perdita d'occhio. L'esperienza visiva di "Deserto rosso" è in questa prodigiosa estetica della desolazione, nelle suggestioni poetiche che se ne ricavano, e nei dialoghi, nelle interferenze - un disturbo metafisico in cui tutti i personaggi si muovono più o meno consapevoli della catastrofe (razionale?).

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