martedì 16 maggio 2017

IL FASCINO DISCRETO DELLA BORGESIA di L. Bunuel

Si può leggere anche come "L'avanzata criminale della borghesia", metafora suggerita dalla marcia dei personaggi che scandisce l'opera, tra un episodio e l'altro, e la chiude. Tanti sogni in un amalgama tutto sommato organico con la storia e, in definitiva, con il surrealismo di cui Bunuel era maestro. Ma ci sono - anche - i capisaldi della critica marxista per un manifesto che, nel 1972, risultava assolutamente "sul pezzo". Questo è alla base di un successo culminato addirittura nel Premio Oscar per il miglior film straniero, battente bandiera francese. Restano diverse perplessità sui fattori, per l'appunto, alla moda - in particolare l'allegoria del vescovo che si propone come giardiniere e servo, o dei militari che si limitano a far manovre in giardino. Il senso è tutto nelle nevrosi di una borghesia arricchita, dedita al traffico di droga, ma che trascorre le giornate alternando l'adesione al galateo, con la buona conversazione, e gli sfoghi sessuali tipici (l'amplesso fra i cespugli, etc.). Va detto che l'irruzione dei sogni giustifica un po' tutto, è una specie di passe-partout in un film che spinge la critica economico-sociale verso una farsa vagamente snob. Intelligente, cattiva, però - non si può negarlo - un po' datata: per il linguaggio cinematografico adottato (zoom da B-movie), per i simboli anticapitalisti, per la cosiddetta appartenenza a un'epoca impegnata, al di là dei mascheramenti stilistici.

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