lunedì 14 marzo 2016

da MARMAGLIA (2008)

Pinuccia è una prostituta automunita, lavora in piazza; non è una tossica succhiata ridotta pelle-ossa, bensì una donna in netto sovrappeso, tozza, ancor più schiacciata verso il basso da chignon di stoppia e orecchini a pendaglio, a cerchione-pattana. Guida una fiat blu-sbiadito dalla carrozzeria erosa, parcheggia in seconda fila e bighellona poi, a piedi, tra la feccia, subito uniformata a quell’ambiente e in fiduciosa attesa di avance – peripatetica. Qui, nei pressi della stazione ferroviaria e col porto incombente che esala il respiri degli ultimi, la chiassosa marmaglia capeggiata da Walter s’intrattiene, perenne: alcolizzati, pusher, amici consumatori, sbandati, tossici dall’attività poliedrica. Pinuccia è l’unica che eserciti il meretricio puro, sebbene da geriatra, da androloga forse, essendo l’età media della sua clientela piuttosto in là. Anziani signori di provincia dall’aria sfatta, umiliata, essi stessi tumidi, prossimi all’obesità, montano sulla fiat “da monatti” verso luoghi ameni in cui tenteranno senz’altro di appiccare i loro ultimi fuochi, ripiegando al limite in conversazioni spinte, in confessioni tra il serio e il faceto in cui l’atto è come abbozzato, se non proprio simulato – evocato nell’aria, supposto. Pinuccia dev’essere un’abile artista di surrogati, un’illusionista. Quando più tardi tornano in piazza dagli amici, il cliente [un ortolano, un ascensorista, un elettrauto] sembra ringiovanito di qualche mese, dimagrito (i liquidi); Pinuccia amorevole propone un caffè scendendo dall’abitacolo che quasi spicca il volo nello sgravio; esibisce il suo carisma femminile, terapeutico, tratta il cliente da maritino stanco, invecchiato; lo vezzeggia per quel non esser più come una volta, maschio nell’esagerazione di quella forza virile trapassata, prodigiosa soprattutto adesso che non c’è più – mistificante assenza, deficit nei cui baratri precipita davvero il più spudorato eccesso, un’implicita aneddotica di gesta erotiche. Il cliente spento, di questa menzogna elemosinata si ravviva, pur conservando il sorriso modesto, una mansuetudine d’agnello; e Pinuccia lo rincuora sempre, gli sta accanto, tanto che poi cede a farsi offrire il caffè: sullo schermo della vetrata di Viduz, da fuori, il cliente si fa avanti alla cassa, galante, cavaliere, e col garbo più retrò, ancora una volta, paga.

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