mercoledì 6 aprile 2016

Morire è necessario

Nelle soap di tutto il mondo c’è almeno una costante: nonostante il gran numero di professionisti impiegato per realizzarle, il risultato è (invariabilmente) ridicolo. L’alibi sentimentale crolla, con puntuale sistematicità, nella cupidigia sessuale, in una promiscuità spesso e volentieri incestuosa. Beautiful, a tal riguardo, è il paradigma. L’appartenenza alla famiglia degenera in focosi incroci a rischio genetico, che risolvono alla spiccia i crucci di Edipo e di Elettra. Si conoscono tutti, prima o poi, e nascono così dei mostri (Rick Forrester, per esempio). Resta l’incognita di come si possa mandare avanti un’azienda di quel livello (con sedi a New York, Parigi e Milano) occupandosi solo di organizzare cenette a lume di candela e matrimoni. Gli stessi avvocati a libro paga, negri muscolosi, non fanno altro che allenarsi in palestra e bere integratori. In Cento Vetrine c’è una maggiore attenzione per gli affari (e, si fa per dire, per la verosimiglianza). Nella sceneggiatura, infatti, compaiono parole tipo “holding” e “consiglio di amministrazione”. Il set mal illuminato, con modesti arredi acquistati da Conforama, talvolta ospita anziani in sovrappeso, sinistri settantenni con un piede nella fossa che esprimono, un po’ al ribasso, la rassegnazione degli azionisti. Ettore Ferri, il Presidente, è perfetto. Recita con una mano perennemente in tasca, è il Napoleone del management italiano. Lo si immagina senza sforzo in un balletto ispirato all’Amleto (ma in calzamaglia, quindi senza tasche, non renderebbe al meglio). Negli ultimi tempi, dalla Spagna, arrivano soap in costume di gran pregio. Il segreto e Una vita sono un’unica grande telenovela in cui riecheggiano i costrutti ampollosi dell’Ottocento. Ma l’impianto è minimal, con tradimenti consumati in un sottoscala, amanti che forse sono fratelli, madri a cui rubano i figli, preti innamorati (Uccelli di rovo), un po’ di stalking alla Werther e, ineluttabilmente, avvelenamenti con tempestivo reperimento di un antidoto. In tutti i casi si verifica, all’uopo, almeno una perdita della memoria: un utile espediente per fare di un cattivo un buono – o viceversa. L’improvviso vuoto mnemonico, magari a seguito di un trauma, e il relativo cambio di segno morale in uno dei protagonisti, movimenta la storia, che altrimenti si appiattirebbe nella mera eternità. Tutti noi, al cospetto di una soap, iniziamo a temere di non avere fine, e ci spaventiamo.

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