martedì 10 marzo 2015

Anna Karenina (di Wright)

Perché girare un kolossal se non si crede più nella finzione? A che pro grandiose scenografie in divenire, con scorci di quinte e svelato spostamento d’attori che, per poco, non ripassano la parte? Perché ricordare di continuo al pubblico che nulla di quanto rappresentato è vero, anzi che tutto è falso come i soldi del Monopoli? Considerati i milioni, autentici, per realizzare l’ennesima, balorda, rilettura di Tolstoj, il disinvolto postmodernismo dell’Anna Karenina di Wright sembra arrivare con quarant’anni di ritardo: tempo utile per codificare i precetti delle avanguardie contro la “rappresentazione”, e farne una bella recita sfarzosa, con l’eroina paranoica che si butterà sotto un treno dopo aver fatto disperare tanto il marito (spelacchiato, cornificabile per fisionomia) quanto l’amante (un Vronski tutto baffi e puttane in vista).

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