giovedì 5 giugno 2014

Le stelle fredde

Continuo la panoramica sui narratori italiani del Novecento: Moravia, Chiara, Arpino, e oggi Guido Piovene. Preferisco la linearità di "Agostino" o il vitalismo beffardo de "Il pretore di Cuvio" alla stanchezza occidua de "La suora giovane" e all'ininterrotto piano sequenza de "Le stelle fredde": certi autori sembrano dimenticare che non si dà romanzo senza dei fatti (qualcosa che accada al di là dei pachidermici movimenti di vita interiore). Talvolta, scrivono pensando a Proust, e a una nauseata erudizione che nessuno ha loro imposto: hanno sgobbato sui libri per lamentarsene? Questo verboso accanimento, che si connota nello sfiancante esercizio descrittivo (onanismo), è una buffa ritorsione: pongono al centro della loro opera una sofferenza accademica, e, incapaci di elaborarla, tentano di elevarla a una condizione di spleen contemporaneo. Tanti minori, a ben guardare, è giusto che restino tali.

Nessun commento:

Posta un commento