giovedì 1 giugno 2017

DIVORZIO A BUDA di S. Marai

Bisogna leggerlo, in primo luogo perché è l'opera di uno scrittore purissimo, in secondo perché esprime senza ambiguità, nero su bianco, il grado di necessaria repressione che fonda l'uomo civilizzato. Il protagonista, Kristòf, è un giudice che aderisce al suo ruolo specifico, e all'idea di famiglia, con la determinazione di non perdere mai la rotta, nonostante la società ungherese sia già minata da intemperanze e nevrosi, e l'Europa, caduti gli imperi e il formalismo che li caratterizzava, si avvii a una nuova guerra. In questo lavoro di controllo individuale, di avanzata rettilinea, Kristòf è aiutato da una fede che non nega gli ostacoli, ma li affronta nell'ambito di una vera e propria trincea: la Coscienza. L'Inconscio affiora, scalpita; i sogni svelano i desideri più profondi, quello scarto prodotto dalla rinuncia, ma lui si aggrappa agli affetti, alla realtà intesa come insieme di scelte razionali difese con disperata coerenza. E' l'uomo a dover proteggere Dio, non il contrario, soprattutto al raggiungimento della piena maturità, quando crolla, di fatto, ogni ultimo significato dell'esistenza, e si configura un destino finito, in cui l'amore cessa e appare, nuda, la morte. Questo momento è avvertito con lievi vertigini e barcollamenti, si è costretti a procedere reggendosi a fatica, si brancola, perché è notte, e si insiste con la certezza che presto sarà giorno. Il conformismo "illuminato" di Kristòf, i suoi pudori, non indispongono nella misura in cui sono consapevoli, dettati da una legge morale ragionata, che pone la Vita, cioè la sopravvivenza civile, al primo posto. Il Bene è un male minore, una sopportazione cristiana priva di dogmi che ambisce a costruire e ampliare sulla base di ciò che la Storia ha tramandato - quindi senza distruggere, anzi, rifuggendo dalla stessa possibilità di una tabula rasa. I residui di questo cammino sono terribili, occasioni mancate, amori inespressi, sentimenti implosi, confinati ai margini - come pietre miliari che scandiscono la marcia un po' funebre dello stare al mondo con un ruolo, una funzione e un destino. Ecco perché il giudice diventa spessissimo imputato, anche al cospetto del vecchio amico Imre Greiner, marito di una donna che Kristòf ha incontrato solo quattro volte nella sua vita, ma che rappresenta il simbolo più vivo e struggente dell'Inconscio. La finezza di Sandor Marai è tutta in questa trama di relazioni inesprimibili, che unisce punti lontanissimi nello Spazio e nel Tempo con linee evanescenti e, in qualche modo, naturali.

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