martedì 27 febbraio 2018
ROSSO ISTANBUL di F. Ozpetek
Dimostra come si possa muovere la macchina da presa con abilità, perfino con eleganza, e, tuttavia, girare un film quasi brutto. La seconda parte riscatta l'inizio un po' televisivo, dà consistenza psicologica all'intero impianto (di una realtà, in sostanza, determinata dalla fiction). Per il resto, infastidisce il richiamo al regista internazionale, omosessuale, che dilaga con la propria assenza. Ma ci sono (anche) momenti intensi, riusciti - per esempio la lettera.
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