martedì 27 ottobre 2015

Alto tradimento

La fiction, per costituzione, nega se stessa: si regge cioè su un patto di credulità e di non belligeranza col fruitore - il che ha reso possibile, per esempio, la letteratura e il cinema, laddove ogni storia è percepita come se fosse vera. Il reality ha capovolto i termini della faccenda, nel senso che nega la fiction. La poetica dello sbraco quotidiano, spaccato di medietà anonima in cui tutti si riconoscono, permea numerosi network (si pensi a Real Time). Una mimesi agevolata verso la porta accanto, con luci che simulano l'assenza di faretti, makeup acqua e sapone e costumi acquistati, tanto per dire, all'Oviesse. Sulla scia dei panni sporchi lavati in tivù, ecco "Alta infedeltà", un format che mi ha davvero impressionato: storie di ordinari tradimenti raccontate dai protagonisti (attori), con simulazioni filmate (altri attori, in una sorta di fiction al quadrato). Noia coniugale, frustrazioni, sbocchi imprevisti ma prevedibilissimi con seduzioni un po' sciatte e brucianti voglie che divampano in macchina o in una camera d'albergo. Intrecci thriller di menzogne sostenute a faccia seria, cornuti sospettosi che non si fanno mazziare, indagini, vendette ineluttabili servite su un piatto abbastanza freddo. La realtà tanto sbandierata è, di fatto, un plot ripetitivo con uno standard psicologico sottoritmo, fra luogi e date in sovrimpressione a riprodurre un libidinoso documento (falso). Si assiste con curiosità, tanto per vedere non dove, ma COME, si va a finire...

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